Oggi 31 ottobre termina il periodo transitorio per i contratti a termine previsti dalla Legge di conversione del DL 87/2018.
Si evidenzia la rischiosità di procedere con una proroga anticipata dei contratti che scadono dopo il 31.10.2018, al solo fine di allungare la vita ad un contratto a termine, in quanto tale proroga sarà vista a posteriore come un atto in frode, con la conseguenza che i contratti anticipati e rinnovati potranno essere trasformati, in caso di verifica da parte della DPL o per contestazione del dipendente, in contratti a tempo indeterminato dalla data del rinnovo anticipato.
Con l’entrata in vigore definitava del decreto dignità, ovvero dal 1° novembre, i contratti a termine potranno essere effettuati liberamente per la durata di 12 mesi; oltre tale periodo è ammesso il rinnovo per ulteriori 12 mesi (utilizzando al massimo 4 proroghe), ma solo con specifiche causali previste dall’art. 19 comma 2: del Dlgs 81.2015 (esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’attività ordinaria, o di natura sostitutiva; oppure esigenze connesse ad incrementi di produttività temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.)
Occorrerà essere molto piu’ prudenti rispetto al passato nell’utilizzare tali causali: è alto il rischio di contenzioso da parte del lavoratore nel caso in cui le ragioni giustificatrici non siano state indicate nel modo corretto o non si possano attestare mediante documentazione (ad esempio con la data di ricezione delle relative commesse di lavoro).
Tetto massimo – Dal 12 agosto 2018, in mancanza di un contratto collettivo che disciplini la questione, non è ammissibile la copresenza di più del 30% tra contratto a termine diretti e somministrati a tempo determinato all’interno della stessa impresa.
In assenza di istruzioni riteniamo che i contratti in corso a tale data che eccedono la soglia del 30% non debbano essere interrotti ma proseguire fino alla scadenza prevista.
Contributo addizionale a carico del datore di lavoro – ll contributo addizionale a carico del datore di lavoro – pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicato ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato – è incrementato dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione. La maggiorazione dello 0,5% non si applica in caso di proroga del contratto, in quanto la disposizione introdotta dal decreto-legge n. 87 prevede che il contributo addizionale sia aumentato solo in occasione del rinnovo.